Come riconoscere e liberarsi dalla dipendenza affettiva

Mag 22, 2017 | Dipendenza

“Qualunque cosa distrugga la libertà non è amore.

Deve trattarsi di altro, perchè amore e libertà

vanno a braccetto,

sono due ali dello stesso gabbiano”.

Osho

Ti sei mai chiesto che cosa è la dipendenza affettiva?

Con il termine dipendenza affettiva si intende un’alterazione del comportamento che porta la persona a ricercare piacere fisico e/o psicologico nella relazione con l’altro. Quando non riesce più a soddifare il proprio bisogno la persona perde il controllo, manifesta sintomi di astinenza, ricerca continuamente l’individuo che è l’oggetto del desiderio.

In questo senso non è molto differente il comportamento messo in atto da un fumatore incallito che decide di smettere di fumare rispetto a chi soffre di dipendenza affettiva. Le sensazioni sono simili, si è alla ricerca di ciò che apparentemente e solo momentaneamente ci gratifica.

Quando la dipendenza affettiva è sana e funzionale?

La dipendenza affettiva è funzionale durante l’età evolutiva, se veniamo accuditi in maniera affettuosa ed equilibrata, durante l’adolescenza si può parlare di sana dipendenza affettiva rispetto al gruppo dei pari, quando il gruppo diventa motivo di scambio reciproco e confronto, con il partner se vi è un legame che permette di sentirsi liberi e di essere sè stessi.

Quando la dipendenza affettiva diventa un problema?

Quando si ha l’età per essere autonomi ma si dipende dal genitore.

Quando il partner rappresenta un unico obiettivo di vita, quando pensiamo che possa essere colui che risolverà i nostri problemi, quando idealizziamo l’altro.

Il rapporto quando si parla di dipendenza affettiva ha diverse caratteristiche: è ambivalente, ambiguo e a tratti sado-masochistico.

Ossia è una condizione permeata da ossessività, il principale scopo della vita è l’oggetto d’amore, nel momento in cui si perde l’oggetto d’amore si perde anche la propria identità con sensazioni di profondo vuoto interiore.

Per evitare questa sensazione di solitudine e vuoto, la persona accetta di stare in un rapporto non sano, spaventata dall’idea di poter rimanere sola.

Accetta qualsiasi richiesta fatta dal partner, dal genitore o dall’amico, a partire da una richiesta semplice fino ad arrivare a forme di umiliazione espletate in ambito relazionale e anche sessuale.

Spesso la persona che accetta questa dinamica interpersonale manca di autostima, teme di essere giudicata, così inizia la ” danza della manipolazione“.

Alcune caratteristiche per riconoscere gli aspetti della personalità che possono (se protratte) portare alla dipendenza affettiva:

– la persona ha difficoltà a prendere decisioni quotidiane senza richiedere rassicurazioni

– ha difficoltà ad esprimere disaccordo

– è disposta a qualsiasi cosa pur di ottenere supporto da altri e di non essere abbandonata

– si sente a disagio quando è sola

– quando termina una relazione stretta ne cerca urgentemente un’altra

– ha bisogno che gli altri si assumano la responsabilità

– difficoltà di autonomia

Queste caratteristiche si vengono a creare da un’interazione genetica ma anche ambientale, l’ambiente familiare che predispone all’insorgenza di queste caratteristiche è dato dalle difficoltà del genitore di soddisfare i bisogni del bambino in crescita, quali: bisogno di sicurezza, gratificazione, cura, gioco e condivisione emotiva, nel momento in cui questi bisogni non sono soddisfatti la persona cresce con l’idea di non poter essere amata e spesso rischia di scegliere partner che non sono in grado di donare amore, quali partner narcisisti, quindi autocentrati e poco empatici.

Per superare la dipendenza affettiva, è importante focalizzarsi su alcuni punti:

1- Potenziare un dialogo interiore positivo, ad esempio dal pensare di essere stupidi, di non valere in quanto si ha sbagliato, al pensare che nessuno è perfetto e che sbagliare è umano.

2- Non tenersi tutto dentro ma comunicare in maniera chiara ed assertiva.

3- Evitare il perfezionismo, riprendendo i propri spazi, i propri momenti di riposo, non riempiendo la vita di doveri.

Raccontando un anneddoto, un giorno un allievo chiese al maestro: “Se medito quattro ore al giorno, quando raggiungerò la tranquillità?. Il maestro rispose: ” Tra dieci anni”. Allora l’allievo gli disse che avrebbe meditato per otto ore al giorno. Il maestro allora rispose che ci avrebbe messo vent’anni, perchè noi abbiamo il dovere di risposarci e rilassarci.

4- Convivere con la tristezza e farci pace: una persona con un dialogo interno autosvalutante e con costante paura del giudizio, con sensi di colpa, fatica ad essere serena.

Scegliere una foto di quando eravamo piccoli (una foto che comunichi tenerezza), da guardare e con la quale “dialogare“, dialogare con quel bambino/a nella foto può aiutare, ripetergli “vali, mi prenderò cura di te”.

Psicologo Saronno e Como

 

Articolo a cura della Psicologa Psicoterapeuta Dott.ssa Sara Garibaldi.
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